lunedì 5 luglio 2010
La botte vuota e la moglie sobria
Ogni volta che devastanti incidenti automobilistici compaiono sugli schermi delle tv in tutta la loro crudezza, un moto d'indignazione si fa strada nei petti di tutti noi. Negli incidenti stradali muore di solito la parte giovane della società, spesso dopo qualche ora passata in discoteca a sfogare l'incontenibile voglia di vivere che le è propria. Se salta fuori che qualcuno dei colpevoli aveva bevuto, però, si assiste al solito copione di dichiarazioni: i primi a muoversi sono i movimenti di genitori che stigmatizzano il consumo di alcol, seguiti a ruota da qualche esponente politico che promette ( e a volte mantiene ) sanzioni draconiane e abbassamento dei limiti di alcol nel sangue. Gli ultimi a muoversi in genere sono i produttori di vino, talvolta affiancati da qualche ministro dell'agricoltura: essi per qualche giorno sospendono le lamentele per il tasso eccessivamente basso di alcol nel sangue dei guidatori e intonano il tradizionale ritornello "le stragi del sabato sera sono colpa dei superalcolici e della birra perchè quello bevono i giovani in discoteca, la cultura del vino non c'entra niente con l'ubriacarsi". Se sulla prima parte della frase si può essere d'accordo, siamo sicuri che per la seconda sia lo stesso? Secondo me no. Nella Bibbia, che è uno dei testi più antichi dove si parli di vino, si racconta che Noè se ne ubriacò e Jafet, uno dei suoi figli, quando si burlò del padre ubriaco, venne punito da Dio. La cultura greca e quella latina sono piene di casi in cui il vino veniva usato per raggiungere stati alterati in chiave religiosa. Durante tutta la storia successiva si susseguono centinaia, miglia di casi di gente che amava bere per ubriacarsi. Il vino era sì alimento, ma anche un modo per allontanarsi un po' da un mondo dove per molti la vita era grama. Quindi, se si vuole intendere per "cultura" la definizione, o meglio, una delle definizioni che ne da il "Sabatini Coletti", cioè "patrimonio collettivo di credenze, tradizioni, norme sociali, conoscenze empiriche, prodotti del lavoro propri di un popolo in un dato momento della sua organizzazione sociale e connotanti una fase di civiltà, la cultura del bere per ubriacarsi è, almeno qui da noi, radicatissima e antica, così come lo è, purtroppo, la patologia che ne deriva, l'alcolismo. Quindi andrebbe secondo me introdotta qui da noi una cultura nuova, una cultura dove il vino si beve a tavola ma dove occasionalmente si possa berne qualche bicchiere di più, senza essere stigmatizzati. E trovando dei servizi che permettano poi di evitare di andare in macchina: trasporti pubblici notturni, possibilità di pernottare ( magari anche un area di sosta-campeggio ) accanto al luogo della libagione. Molti si stanno attrezzando ed è questa la strada, più che la criminalizzazione dell'alcol, che si dovrebbe percorrere. E le campagne di sensibilizzazione, anche nelle scuole, andrebbero incrementate, ma spiegando ai ragazzi che di tanto in tanto fare baldoria si può, fissando e facendo loro interiorizzare dei paletti oltre i quali ci sono solo la morte o la prigione. Quindi sì alle norme draconiane sulla guida in stato di ebbrezza, ma basta con l'ipocrisia dei tg che trasmettono immagini choccanti di incidenti, seguite da campagne di sensibilizzazione coi soldi dello Stato cioè nostri e poi la reclame di qualche superalcolico. Non si può pretendere la botte vuota e la moglie sobria.
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