Di immigrazione parlano tutti, filosofi, statistici, demografi, sociologi, e non è quindi facile occuparsi di un argomento talmente dibattuto, senza cadere nella banalità. Altrettanto difficile è scriverne senza incappare nella soggettività, ma dopotutto non mi interessa molto evitarlo.
Messe le mani avanti, posso adesso affrontare una mia riflessione. L'immigrazione è la manifestazione più palese e più vicina a noi dei grandi cambiamenti in atto. Dal momento che non è possibile fermarla, bisognerebbe capire quali vantaggi essa possa darci. E non intendo ridurre il tutto a concetti come " la pluralità di culture ci arricchisce tutti ". Mi piacerebbe fare delle considerazioni che siano valide per le migrazioni di tutte le epoche.
La condizione che spinge una persona ad allontanarsi dalla propria terra è l'insoddisfazione di uno o più suoi bisogni. In genere si tratta di motivi puramente economici, più raramente il migrante vede minacciata la propria libertà o la propria vita.
Il migrante può nutrire aspirazioni del tutto legittime quali lavorare e far studiare i figli, oppure illegittime quali rubare e far mendicare i figli; sono aspirazioni generalmente giudicate nella stessa maniera sia al paese di origine che in quello d'arrivo. Quando le aspirazioni sono legittime nel paese di origine ma non in quello d'arrivo, allora si arriva ad un contrasto di culture. E' un problema grave se le culture divergono su aspetti fondamentali della vita quotidiana,tipo il ruolo della donna, il ruolo della religione, e via via giù verso questioni sempre più spicciole, come la differenza dei cibi consumati.
Esistono come sempre aspetti positivi e negativi. E' importante ponderare sempre tutti questi aspetti nella loro giusta incidenza e rilevanza. A conti fatti si può emettere un "verdetto". In ogni caso non è mai utile fare "di tutta l'erba un fascio.
RispondiEliminaI lati favorevoli per il paese, a meno di particolari considerazioni sono:
- Maggiore manodopera lavorativa,
- Diminuzione del decremento demografico del Paese e diminuzione dell'età media della popolazione,
- Potenziale arricchimento e fusione di culture e filosofie.
I lati negativi, sempre a meno di considerazioni particolari sono:
- Possibile aumento della criminalità (molti extracomunitari non trovando un lavoro sono facilmente propensi a dedicarsi ad attività illecite, alcuni metodi di pensiero non forestieri fanno considerare persone e cose in modo diverso)
- possibile inquinamento e perdita di valore di molte tradizioni e culture popolari del luogo o religioni (nel caso cui molti "impongano il loro credo o i loro pensieri nella nostra società),
- nascita ed incremento di ulteriori problemi, come posti letto, negli asili, licenziamenti di residenti per assunzioni di extracomunitari ad un costo inferiore.
Ognuno di questi punti andrebbe discusso, dibattuto valutato nella sua consistenza e peso.
Dico come ultimo, cosa poco discussa che la parola "extracomunitario" sta ad indicare, almeno in primo luogo, una persona che ha residenza o comunque provenienza da un Paese non dell'Unione Europea. Il che consegue che statunitensi, giapponesi, svizzeri, canadesi sarebbero anch'essi extracomunitari. Ma qualcuno ha mai sentito considerarli o nominarli in questo modo? E' quindi evidente che a monte c'è un pregiudizio razziale o a riguardo della cultura di altre religioni e della ricchezza (e potenziale cultura) degli individui, cosa che va anche valutata come rilevante.
Il vero problema è che nessuno reprime la criminalità e quindi gli immigrati che vengono da noi ci vengono spesso per delinquere. Oppure ripiegano sul crimine dopo che assurde leggi sull'immigrazione li hanno esclusi da un possibile lavoro. Per quanto concerne la cultura e le tradizioni il problema è che le stiamo perdendo sotto la spinta irresistibile dell'ignoranza televisiva, e cerchiamo un capro espiatorio. Chi meglio di queste persone, straccioni in un Paese di straccioni o sedicenti tali ( per non pagare le tasse). Mah, chissà come andrà a finire...
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