domenica 8 gennaio 2012

La fortuna di esserci

Probabilmente in molti, non solo giovani, stanno pensando, viste le ultime manovre, manovrine, finanziarie, che si sommano ai problemi annosi del Paese, che sia ora di andarsene e mandare tutto al diavolo. E' notizia recente (leggo dal Corriere del 7 gennaio,versione ridotta per l'estero) che 1,5 milioni di persone in Italia secondo l'Istat non studia e non lavora, rinunciando addirittura a cercare lavoro. Non sono belle notizie, però danno l'idea della pesantezza della fase che stiamo attraversando. E' una situazione che non può durare a lungo, perchè sta esacerbando gli animi delle persone soprattutto dei giovani, privati di molti diritti, ma uno in particolare: quello di sposarsi con la persona che amano e formarsi una famiglia. Una situazione esplosiva, se il sistema non si comincia a cambiare. Del resto, stanno proliferando le proteste, la gente partecipa ( si veda il successo dei referendum ),mentre la politica cerca di chiamarsi fuori dal macello che ha contribuito a creare affidando il governo ai "tecnici". Per questo dico: siamo fortunati ad esserci! Ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare cose insieme agli altri, che nel loro congiunto verranno ricordate.
Il 2012 si preannuncia davvero come un anno effervescente. Il Paese non è più il gregge anestetizzato degli ultimi anni, che ha subito e accettato qualsiasi berlusconata, non è più il Paese del Francia o Spagne purchè se magna, anche perchè non se magna più con nessuno.Se so già magnati tutto.
Le forze per cambiare ci sono. Esistono migliaia di persone il cui scontento si distilla in idee e ideali, diversi e spesso in contrasto. Culture differenti, certo; ma io non credo negli scontri di culture per il semplice motivo che la parola cultura implica incontro, mai scontro. Il sistema non va certo distrutto, ma demolito con sensatezza, scegliendo le cose che si possono salvare. Il sistema va demolito passo passo, sganciandoci dall'assurda logica capitalistica che bisogna puntare tutto sulla crescita del PIL. E' vero ciò che ne dice l'economista Tito Boeri: è, ad oggi, il miglior indice per misurare il progresso di una società. Però non tiene in conto che questo grande aumento ha portato, dagli anni '60 in poi, allo sfarinamento e alla distruzione di alcuni valori assolutamente naturali e imprescindibili, quale la famiglia, elemento centrale della civiltà contadina, elemento esistente nella società industriale, elemento assolutamente minacciato nella nostra attuale società che si pretende essere terziaria dove una ragazza può perdere il lavoro perchè incinta, dove il carrierismo impone, soprattutto alle donne, di posticipare e a volte annullare quello che, prima di essere un dovere sociale, è un diritto e una necessità delle persone: avere dei figli. D'altro canto, la donna continua a essere colei che oltre a sobbarcarsi un'attività lavorativa deve accudire la casa e la famiglia nel disinteresse più o meno variabile dell'uomo. La crescita del PIL non ci ha fatto avanzare molto in questo senso.
Il PIL deve crescere e non a tutti importa se lo fa a spese dell'ambiente. La ricchezza si concentra in mano di pochi.
Basta. Da troppi anni l'Italia è stagnante. Anche risolvendo i problemi di corruzione ed evasione ( indice comunque di disfacimento e assenza di senso di appartenenza) la situazione continuerebbe a essere pesante. Forse è ora di cambiare, di indirizzare le risorse alla formazione di una comunità, favorire anche con maggiori fondi il volontariato e le conseguenti relazioni sociali ( basti pensare a quanti anziani muoiono in solitudine e a quanti giovani vegetano sempre in solitudine davanti a un computer). Favorire un senso di appartenenza anche locale tramite lo studio delle culture, dialetti locali a scuola e dovunque (non è una cosa da leghisti: chi è fiero e conscio delle proprie origini non può temere lo straniero, non vorrà escluderlo, ma renderlo partecipe della propria identità, al contrario dei pagliacci in cravatta verde, che si inventano pseudoidentità e ignorano totalmente la storia prima dell'Umberto). Favorirne uno nazionale scegliendo professori di lettere e storia davvero capaci di motivare e far amare gli studenti quella cosa immensa, unica e stupenda che è la cultura italiana.
Dice il cosiddetto "filosofo della decrescita" Serge Latouche che non c'è niente di peggio di una società della crescita senza crescita. Ci siamo dentro fino al collo; e se fino a qualche anno fa era un problema più che altro nostro ( siamo stagnanti da almeno 15 anni mentre gli altri più o meno crescevano ) adesso quasi tutta l'Europa è dentro questo fango. Bisogna cercare di uscirne assieme.
Molti propositi, lo so, e ben confusi. Ma scriverli, questo, per ora, posso fare. Domani, tutti assieme, vedremo.
Buon anno a tutti!