sabato 24 settembre 2011

C'è un rimedio?

Immagino che a chiunque abbia avuto l'opportunità di viaggiare in Paesi extraeuropei tipo l'Argentina la prima cosa saltata agli occhi sia la giovane età media della popolazione. Il clima in una nazione con una composizione demografica normale è certamente differente da quello che si respira in Italia, che prima di crisi, crisette, politica mafiosa, sta vivendo un periodo di follia demografica, un suicidio collettivo cui non sembra esserci una soluzione interna. La situazione demografica italiana si è di fatto avvitata su se stessa in una spirale che non può finire bene: forse nessuno meglio di un apicoltore lo sa come vanno a finire queste cose, quando nell'arnia senza regina le api continuano ad invecchiare ed invecchiare senza ricambio e la famiglia inesorabilmente si spegne in silenzio.
Bene. I motivi che hanno portato a questo sono molteplici, ma anche risolvendoli non si darebbe al problema una risposta rapida com'è invece richiesto, posto il fatto che il nostro bilancio, prima ancora delle ruberie, sta soffocando sotto il peso esagerato delle pensioni. Si è detto l'immigrazione. Ma l'immigrazione perchè risulti efficace in questo caso dovrebbe riguardare una massa ingente di persone. Non può quindi essere una immigrazione di massa di cittadini africani visto che il nostro Paese non è in grado di assorbire.
Quindi? Quello che sarebbe da fare è incoraggiare e incentivare, soprattutto, un'immigrazione qualificata di giovani in età universitaria da tutte le parti del mondo, ma soprattutto dei Paesi come l'Argentina dove ci sono milioni di giovani coi suddetti requisiti che hanno vissuto l'Italia nei racconti dei propri nonni, bisnonni eccetera, che sentono ancora questo legame. Se ai politici stesse a cuore il futuro del nostro Paese, non dovrebbero fare altro che aiutare questi giovani a superare lo scoglio del biglietto e invogliarli a restare. E soprattutto, smetterla di lordare l'Italia, devastarla con le ruberie e gli abusi edilizi e di ogni tipo.
La decisione viene da dentro, ma le forze da fuori. Il tempo gioca contro di noi.